di Monica De Santis
“Chi sono io? Sono l’eterno Peter Pan che continua ad aver voglia di mettersi in gioco. Sono uno che ama far star bene le persone e sono uno che ha un canovaccio, poi quando sono sul palco se sento che è meglio fare una cosa piuttosto che un’altra lo faccio perchè mi piace proprio che la gente stia bene. Sono in missione per far star bene la gente, cerco di far star bene le persone, perchè quando vedo che le persone stanno bene sto bene anche io”. E’ così che si descrive Paolo Belli, cantautore e conduttore televisivo, che sabato e domenica il pubblico salernitano potrà vedere ed applaudire al Teatro Delle Arti, dove sarà di scena con lo spettacolo “Pur di Far Commedia”, storie e aneddoti esilaranti accompagnano il pubblico alla scoperta di personaggi a volte surreali, ma che si dedicano senza limiti a realizzare il sogno di vivere seguendo la propria passione. E la propria passione Paolo Belli l’ha seguita veramente, facendola diventare poi, anche, il suo lavoro… “Da bambino ero uno di quelli che guardava lo show del sabato sera in Rai e vedevo Totò, Mina, Walter Chiari, Carosone, Buscaglione e sognavo di fare quello. E già da bambino mi rendevo conto che non imitavo solo quei grandissimi, ma volevo davvero essere come loro. Fortunatamente ho avuto una mamma che, come racconto anche nello spettacolo in scena a Salerno dove racconto un po’ tutta la mia storia, mi ha detto: vuoi fare questo? ok allora vai a scuola di musica, perchè lo devi fare sul serio. Quindi sono andato a scuola di musica, poi al conservatorio e ho fatto tutta la gavetta che dovevo fare e che continuo a fare, perchè sono un curioso e quindi continuo ancora oggi a studiare. E’ chiaro che certi talenti come Totò, di cui parlo sempre perchè è il più grande in assoluto e credo che bisognerebbe farlo Santo, perchè al di là del fatto di quello che ha fatto, ma lui ha avuto ed ha un ruolo ancora oggi importantissimo, quello di far star bene la gente, sono unici. Però ricordo mia madre che mi diceva che se volevo arrivare a quei livelli lì avrei dovuto studiare. Dopo il conservatorio ho iniziato a fare, quello che fanno un po’ tutti, il gruppo, il complessino, il garage, andavo a fare gli spettacoli la domenica mattina in chiesa, perchè nel mio paesello, l’unico che aveva gli strumenti musicali era il prete e quindi lui ci dava gli strumenti musicali per fare i concerti se la domenica mattina suonavamo per lui. Insomma ho fatto tutto quello che serve per avere un’infarinatura del fatto che poi ti devi trovare in mille occasioni una diversa dall’altra. Quindi dalla cosa sacra alla cosa profana. E poi ho avuto già da subito il desiderio di confrontarmi con la gente, quindi ho iniziato a fare anche concerti in giro e vedevo che le cose che facevo, alla mia maniera, venivano apprezzate. Diciamo che posso dire che il conservatorio è stato importante ma è stata molto più importante la strada”. Il successo arriva con Ladri di Biciclette, poi la band, ma tutta la sua musica ruota intorno allo swing. Qual è il suo rapporto con questo genere musicale? “Purtroppo e per fortuna sono stato molto influenzato dalla televisione. In quegli anni per me ascoltare Carosone, Buscaglione e le grandi orchestre mi hanno fatto pensare che la musica fosse fatta solo in quella maniera. Perché poi a casa mia si respirava solo quello e quindi credo di averlo nel Dna. Diciamo che è un genere che mi è arrivato addosso ma in maniera molto semplice. E così da quando ho iniziato a scrivere canzoni ad oggi, il 90% delle volte mi vengono swing. Questo è il mio modo migliore per esprimermi”. A Ballando Con Le Stelle con la sua band siete apprezzatissimi da tutti gli esperti del settore, sia per la qualità della band che per la particolarità degli arrangiamenti. Ma come nasce questa formazione e chi la tiene così unita? “Qua entriamo nello specifico della commedia, di quello che stiamo portando in giro nei teatri. Come si fa a tenere uniti una mandria di scalmanati, dove ognuno ha la sua precisa identità? La ricetta è innanzitutto trovare delle persone appassionate, che non si sentono mai arrivate, ma vogliono sempre studiare e capire cose nuove e che vogliono mettersi in gioco. Io da capobanda, diciamo così, sono quello che cerca di rispettare l’anima e la personalità di ogni musicista. Allo stesso tempo ogni volta alzo l’asticella ed è bellissimo vedere questi ragazzi amano mettersi in gioco e scoprire che la musica la puoi montare e smontare come un cubo di Rubik. E’ questa la bellezza, sono persone che a forza di stare con me (alcuni suonano con me da 30 anni) amano smontare e rimontare la musica. Quindi a Ballando abbiamo avuto una persona come Milly che ama una rigorosità dello spettacolo però al tempo stesso, mescolare le carte, perchè rispetta questo modo di lasciarsi andare e di scommettere e di trovare cose nuove. Quindi Milly la pensa così, io la penso così, i ragazzi pure e alla fine riusciamo a costruire un prodotto buono. Quello che dico sempre è che un’edizione di Ballando con le Stelle vale come tre anni di Conservatorio”. Sorride sempre nella vita oppure esiste un altro volto di Paolo Belli? “Quando sono da solo, purtroppo sono uno che si fa mille domande e che vive la vita sempre con lo stomaco che si rigira, perchè le cose le guardo sempre dall’alto, dal basso, di lato, ho insomma mille dubbi. Ma nel momento in cui esco di casa ed incontro altre persone devo e mi metto in condizione di far star bene le persone e di conseguenza tutti i mille dubbi iniziano a schiarirsi perchè vedo che quando parlo con le persone, divento un positivo. La gente mi trasforma sono un po’ come canto in una mia canzone Dr. Jazz e Mr. Funk. Uno che quando sta in mezzo alla gente deve essere abbattuto per fermarlo”.